Vi proponiamo in esclusiva un estratto della stesura di “Monnezza amore mio” scritto a penna da Tomas. Il nostro racconta, col suo stile inconfondibile, di una brutta avventura capitatagli sul set de “Il fuoco della resistenza” (The Burning Season), nella primavera del 1994 nella foresta dello Yucatan, in Messico.
“[…] Non lontano da dove giravamo, vidi un posto che mi sembrò adatto, anche se era troppo buio. Sentivo che la mia vescica premeva e, siccome la conosco, so che quando mi avverte, che quando è arrivato il momento, non le va di aspettare più di tanto, ma qualche passo me lo avrebbe lasciato fare. Insomma, piano piano, iniziai ad inoltrarmi nel buio, mentre sentivo i ramoscelli e qualche spina che strusciavano e si attaccavano ai miei pantaloni, come se volessero fermarmi per proteggermi da un pericolo imminente. Può darsi che per associazione, mi venne in mente un racconto che mi faceva mio nonno da bambino, il quale quando era piccolo era fuggito di casa e si era perso nel bosco, sentendo una voce rauca che diceva: “Atras, atras! Che in piedras-negras te convertiras!” (Ritorna indietro che pietre nere diventerai).
Mi ero distratto col racconto del nonno… insomma sentii che il successivo passo lo stavo dando del vuoto e di seguito volai in picchiata, come risucchiato da un buco nero, perso nello spazio e nel tempo. Il mio pensiero mi diceva che la vita era un buco… che si nasceva da un buco, si mangiava, si odorava, si sentiva e si evacuava per altrettanti buchi finché finivi in un buco. Sentii un colpo secco, accompagnato da un dolore lancinante al braccio destro, non vedevo, non sentivo, non mi ricordavo nemmeno della vescica piena, non sapevo dov’ero o se agonizzavo. L’istinto mi avvertiva di chiedere aiuto ma non sapevo a chi, ma sempre il mio istinto, che sapeva più cose di me, mi fece gridare: “Help!” ma non lo sentii manco io. Sapevo di aver gridato ma fu un grido silente, come quello disegnato da Munch. Con i polpastrelli della mano sinistra decisi di tastare i dintorni: ero circondato da un muro di mattoni. Fu quel muro che si ingoiò il mio grido di aiuto. Dovevo però di nuovo fare un altro sforzo: e così, abbracciandomi stretto gridai come se dovessi arrivare alla stella polare lassù, lassù… “Heeeeellllp!!!”
Dopo qualche minuto vidi apparire lassù una luce brillante,come se fosse venuta la stella polare. Ma no, stavo delirando, quella non era altro che quello che i gringos chiamano “an after-death experience” dicendo che, oltre a quella luce, ci sarebbero stati i nostri cari estinti ad attenderci per darci il benvenuto e saluti vari.
Sentii una voce di donna con accento messicano che gridava da dietro la luce: “Hay un viejito en el pozo!” (c’è un vecchio nel pozzo).
Ma, mi dissi, chi sarà questa? Non ho mai avuto messicani in famiglia. Ma quel fatto del “vecchio nel pozzo” mi fece reagire e perciò mi resi conto che ero finito nel fondo di un pozzo secco, illuminato dalla luce di una lanterna a pile in mano ad una messicana – altro che stella polare! – e che stavo girando in Messico “The Burning Season”.
Le gridai in italiano, così non mi avrebbe capito ma mi sarei comunque sfogato dicendo quello che pensavo: “Oh, vecchio sarà tu’ nonno, stronza!”